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Diversamente da quello che potrebbe sembrare l’atto di rivolgersi al passato non costituisce sempre un tuffo consolatorio che rischia di vanificare il contatto e l’aderenza alla contemporaneità. L’ho sperimentato recentemente, quando nel 2021 ho ripubblicato in Voi siete in gabbia, noi siamo il mondo- Il femminismo al G8 di Genova alcuni documenti dell’allora rete femminista che diede vita, nel giugno 2001, all’evento PuntoG-Genova, genere, globalizzazione, un mese prima delle manifestazioni del Genova Social Forum di cui la rete faceva parte.
Ad ogni presentazione del libro, incontro tematico e discussione alla quale ho partecipato nell’ultimo anno c’è sempre stato chi ha sottolineato come le analisi di allora restino, oggi, attualissime: spesso però chi faceva questa considerazione aveva accenti negativi, concludendo che dopo vent’anni siamo ancora al punto di partenza.
Ho sempre risposto che, al contrario, mi pare una benedizione ravvisare l’attualità di quei contenuti. E’ infatti la dimostrazione, di cui andare fiere, di come nel pensiero femminista ci sia una forte connessione, coerenza e tenuta, pur nel trascorrere del tempo, tra concetti fondativi che non perdono forza e ragione nonostante le rovinose sirene del ‘nuovo.’ E’, infatti, una pericolosa illusione quella secondo cui tutto ciò che si presenta come nuovo, e apparentemente dirompente, sia sempre sinonimo di innovazione e portatore di libertà: è invece fondamentale che si tragga ispirazione dall’enorme deposito di materiali e saperi elaborati dalle generazioni femministe precedenti, per confrontarsi e attingere, nelle differenti età, alla contemporaneità del pensiero e della pratica femminista.
Per questo sono grata a Vicky Franzinetti, traduttrice e attivista femminista torinese che con Filomena Rosiello, una delle tre copresidenti della Casa delle donne di Milano, ha organizzato l’incontro online con tre delle dodici attiviste nordamericane del collettivo che, nel 1977, dopo un anno di lavoro, diede alle stampe uno dei testi più importanti del femminismo mondiale: Noi e il nostro corpo, scaricabile qui da chi non avesse il testo cartaceo.
Norma Swenson, splendida 90 anne, Judy Norsigian e Jane Cottingham, entrambe ottantenni, fondatrici del Boston Women’s Health Collective che firmò il celebre volume hanno dialogato con Vicky e Filomena in occasione dei cinquanta anni del libro, passato di mano in mano da donna a donna, (spesso di madre in figlia) per più generazioni: una preziosa eredità senza tempo, viatico indispensabile per iniziare il cammino di consapevolezza, e quindi di libertà, dentro e con il proprio corpo.
L’emozionante racconto delle tre protagoniste di quella fase esaltante della storia del femminismo restituisce lo spirito pragmatico e fortemente politico del testo, nella cui introduzione si leggono considerazioni che, intatte, riecheggiano nell’esperienza che si rievoca in ogni generazione di donne: “Imparare a conoscere il nostro corpo cambiò radicalmente la nostra vita e noi stesse. E’ splendido studiare quando ciò che proviamo emotivamente e ciò che impariamo sono due esperienze parallele, strettamente legate, che si integrano a vicenda.
Sessualità, piacere, desiderio, gravidanza, parto, aborto, menopausa, diritti, sorellanza sono solo alcune delle parole chiave intorno alle quali il collettivo lavorò per consegnare alla storia il primo compendio encliclopedico femminista sul corpo delle donne.
E a proposito di attualità ecco un passaggio del testo, (che ricordo è uscito in Italia nel 1977, ma fu stampato negli Usa quattro anni prima) sullo stereotipo della donna che invecchia: “ L’immagine popolare rappresenta la donna in menopausa stanca, intrattabile, irritabile, bisbetica, poco attraente, insopportabile (sì che il marito a buon diritto cercherebbe la compagnia di un’altra donna) irrazionalmente depressa, terrorizzata dal cambiamento che segna la sua vita (ri)produttiva. La nostra idea della menopausa è stata senza dubbio influenzata da una pubblicità simile a quella comparsa su una ben nota rivista medica, in cui un uomo di mezz’età, evidentemente infastidito, compare vicino ad una donna scialba, dall’aria stanca. Il tipo di medicinale pubblicizzato combatteva “i sintomi della menopausa che tanto lo disturbano”.
Nell’introduzione del 1973 le componenti del collettivo, tutte a vario titolo coinvolte nella ricerca nel mondo medico e psicosociologico, consegnano a noi tutte alcune considerazioni che oggi costituiscono, ancora, la base di ogni formazione e presupposto a gruppi di sostegno alle donne di ogni età e condizione:” Immaginate una donna che cerchi di fare un lavoro e di avere un rapporto paritetico e soddisfacente con altre persone, ma intanto si sente fisicamente debole, perchè non ha mai tentato di essere forte; esaurisce tutta la sua energia cercando di cambiare faccia, figura, capelli, odore cercando di uniformarsi a qualche modello ideale stabilito dalle riviste, dai film, dalla televisione. Si sente disorientata e si vergogna del sangue mestruale che ogni mese fluisce da qualche oscuro recesso del suo corpo; sente i processi interni al suo corpo come un mistero che viene a galla solo come fastidio (una gravidanza non voluta o un cancro cervicale): non capisce o non le piace il sesso e concentra le sue energie sessuali in romantiche fantasie senza scopo, stra-pervertendo e facendo cattivo uso della sua potenziale energia perchè è stata educata a negarla. Se impariamo a capire, ad accettare, a essere responsabili della nostra identità fisica possiamo liberarci da alcune di queste preoccupazioni e possiamo cominciare a fare uso delle nostre energie disinibite. L’immagine che abbiamo di noi stesse avrà una base più solida; saremo migliori come amiche, come amanti, come persone. Avremo più fiducia in noi, più autonomia, più forza, saremo più complete”.
Il video incontro è disponibile qui in italiano e qui in inglese.