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Negli ultimi anni ho spronato molte amiche single a iscriversi alle app di dating. In alcuni casi ho curato la selezione delle foto per il profilo, in altri dispensavo consigli su come rompere il ghiaccio nei primi timidi e impacciati scambi di messaggi e mi piace pensare di aver contribuito almeno in parte al coronamento dei loro sogni d’amore. Eppure, ho resistito a lungo prima di decidermi a sperimentare in prima persona: il mio lato romantico si rifiutava di affidare al freddo algoritmo di un software la ricerca del principe azzurro.
Il mio debutto su Tinder risale al gennaio 2021, poco dopo aver appreso dal libro di Rebecca Traister All the single ladies che viviamo nel periodo storico “meno accoppiato” di sempre e che, per quanto sia bello esser single per scelta, molte lo sono perché non si trova più nessun* in giro.
I/le 30-40enni di oggi, chiamat* “Millennial”, convivono o sono sposat* da anni. Anche la maggior parte dei loro amici, o degli amici di amici, è più o meno felicemente accoppiata e questo rende statisticamente molto difficile per chi ha la mia età conoscere single interessanti nella propria cerchia. I frequenti lockdown avevano, inoltre, quasi del tutto desertificato le mie interazioni sociali e incontrare nuove persone mi sembrava una missione quasi impossibile.
Anche io, come altre milioni di digital daters, ho provato lo stress del primo appuntamento, ho conosciuto persone che mai avrei incrociato nel mondo 1.0 e avuto delusioni cocenti incontrando gente molto diversa dalle foto dei loro profili. Quasi subito ho compreso che mettersi in gioco online richiede impegno e coraggio: rendermi vagamente attraente dopo mesi passati a ciondolare in tuta per casa mi sembrava un’impresa titanica ed ero terrorizzata all’idea di sostenere una conversazione brillante con un perfetto sconosciuto. Ma con il tempo ho perfezionato la sofisticata arte della messaggistica e imparato a troncare una conversazione alla prima frase vagamente razzista o misogina senza pretendere di redimere il mio interlocutore. Insomma, stavo migliorando.
Preliminari virtuali
La prima inserzione per cuori solitari risale addirittura alla fine del Seicento e nel 1965 alcuni studenti di Harvard lanciarono “Operation Match”, il primo servizio di incontri in rete negli Stati Uniti.
Venti anni fa esistevano solo alcune applicazioni a pagamento e i pochissimi iscritti raramente ammettevano di usarle ma in un decennio gli utenti sono aumentati esponenzialmente, i servizi base sono diventati gratuiti e sono nati gli abbonamenti premium. Con la capillare diffusione degli smartphone, lo stigma sociale è quasi del tutto scomparso al punto che questa è diventata anche per i più giovani solo una delle possibilità di trovare un partner: la Generazione Z (18-25 anni) costituisce più del 50 percento degli iscritti totali. La pandemia ha dato un’ulteriore svolta: i digital daters ora cercano rapporti più stabili e duraturi e desiderano conoscere l’altra persona prima di incontrarla dal vivo tramite videochiamate e “aperitivi online”.
L’algoritmo di Cupido
Once, regina dello slow dating, offre 24 ore di tempo per decidere se conoscere la persona proposta quotidianamente in base a un complesso calcolo matematico. Meetic, la più diffusa in Italia, ha un’assistente virtuale per impostare tutti i parametri correttamente. Tinder, disponibile in 190 paesi e in più di 40 lingue, premia gli utenti più attivi e permette di scegliere tra 29 generi e 9 orientamenti sessuali. OkCupid si rivolge a chi cerca relazioni stabili e sottopone almeno 15 domande chiedendo anche la preferenza di risposta da parte del potenziale partner. Per i più fatalisti c’è Happn che grazie al GPS mostra le persone iscritte alla piattaforma tra quelle incontrate durante la giornata. I single di religione islamica ricorrono a Muslima, che dal 2016 è uno dei principali siti per matrimoni musulmani con un database di oltre 7,5 milioni di utenti. Chi ama il fitness usa Teamup, i vegani Veggly, i videogamer Kippo mentre su Loosid la parola d’ordine è “sobrietà”. The Inner Circle ha filtri per stabilire connessioni basate su interessi e valori comuni e vi si accede per invito mentre le donne più intraprendenti usano Bumble, dove hanno 24 ore di tempo per fare la prima mossa.
Il mondo virtuale sta aprendo nuovi orizzonti al pubblico femminile, sempre più affrancato dai vecchi ruoli stereotipati del corteggiamento amoroso.
Una ricerca di Tinder rivela che il 66 percento delle ragazze Gen Z italiane si sente libera di scegliere con chi interagire e il 60 percento di condividere ciò che la rappresenta. Alla domanda su cosa cerchino da un potenziale match il 50 percento delle intervistate ha risposto “parlare con qualcun* che le faccia sentire libere di poter essere sé stesse senza preoccuparsi del giudizio altrui”, “sovvertire eventuali convenzioni sociali” (51 percento), “vivere il momento senza regole prestabilite” (45 percento) ed “esporre il proprio corpo” (30 percento).
La parola più usata nei loro profili è “forte”, seguita da “femminista”, “sognatrice”, “ambiziosa” e “attivista” e tra i buoni propositi per il 2022 molte hanno indicato di volersi amare così come sono.
Parole chiave
La pandemia ha anche modificato i contenuti e la durata delle conversazioni. A febbraio 2021 le chat su Tinder sono state più lunghe del 19 percento rispetto all’anno precedente e i più giovani aggiornano molto spesso il proprio profilo con informazioni sempre più precise e personali.
Durante la prima ondata di COVID il termine “ansia” è stato inserito nelle biografie il 31 percento di volte in più rispetto ai mesi precedenti e nell’aprile 2021 la quarta parola più usata su Tinder dagli utenti italiani tra i 18 e i 26 anni è stata “greenpass”. Secondo un’indagine condotta da YPulse nello stesso periodo il 17 percento dei daters affrontava il tema della sicurezza sanitaria prima di incontrarsi e sul sito OKCupid la parola “vaccinat*” era aumentata del 680 percento rispetto ai mesi precedenti.
Il mondo dell’amore virtuale ha, inoltre, creato un nuovo metalinguaggio, perlopiù anglofilo.
Kondo-ing, dal nome della famosa guru giapponese del riordino Marie Kondo, suggerisce di eliminare il match senza spiegazioni quando ci si accorge di non nutrire alcun interesse. Fare ghosting significa letteralmente scomparire ed è spesso alternato allo zoombing, ossia ricomparire dopo settimane di silenzio. I/le più disperat* fanno breadcrumbing, aggrappandosi alle briciole di attenzione concesse da un partner indisponibile e spesso sperimentano il benching, l’esser mess* “in panchina”.
Boom o boomerang?
Secondo Time2play il 67 percento degli italiani ancora non usa applicazioni di dating perché preferisce conoscere persone dal vivo (43 percento), non si fida (24 percento) o teme brutte sorprese (7 percento). Il 32,6 percento degli intervistati risulta iscritto ma solo il 21 percento ha trovato l’amore online. L’approccio fluido della coppia aperta sembra il più gettonato. Molti utenti hanno già una relazione stabile e alcuni frequentano due o tre persone contemporaneamente: il 55,5 percento sono donne.
“I legami sono stati sostituiti dalle connessioni”, scrive Zygmunt Bauman. “Mentre i legami richiedono impegno, connettere e disconnettere è un gioco da bambini. Su Facebook (o Tinder, ndr) si possono avere centinaia di amici muovendo un dito. Farsi degli amici offline è più complicato. Ciò che si guadagna in quantità si perde in qualità. Ciò che si guadagna in facilità (scambiata per libertà) si perde in sicurezza”.
Quanto a me, non smetterò di sognare un incontro romantico in un piccolo bar di quartiere, davanti al cinema in una domenica di pioggia o in biblioteca, magari davanti allo stesso libro. Nel frattempo continuo a navigare con alterne fortune, provando a non smarrire la rotta.