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Da qualche tempo fa il tutto esaurito ogni sera. E ogni sera c’è chi torna, portandosi delle amiche che “non se lo devono perdere”. Perché ci si diverte, si ride tanto, ma soprattutto Svelarsi è una potente sveglia rispetto a cosa vuol dire essere donne oggi e un’occasione di condivisione capace di generare riflessioni che continuano anche dopo, quando cala il sipario. Che poi qui nemmeno c’è, il sipario, e la quarta parete viene sfondata più volte nel corso della serata.
Silvia Gallerani, questa volta è regista, oltre che co-autrice e attrice, e non è da sola sul palco come nel celebre monologo La merda di Cristian Ceresoli, che nel 2012 si aggiudicò il Fringe First Award for Writing Excellence, l’Oscar per il teatro, e successivamente molti altri premi, e che lei continua a portare in scena.
Anche qui però, seppure non “per tutto il tempo”, è nuda. Anzi, sono nude, perché con lei ci sono le altre sette co-autrici e attrici: Giulia Aleandri, Elvira Berarducci, Smeralda Capizzi, Benedetta Cassio, Livia De Luca, Chantal Gori, Giulia Pietrozzini.
D’altro canto è questa la premessa, come si legge sulla brochure che troviamo sulle sedie: “Solo corpi femminili. È questo l’esperimento… Risponde chi se la sente. Non è per tutti. Accogliamo chi è interessata a rispecchiarsi”.
Il richiamo è al separatismo di matrice femminista e soprattutto ai gruppi di autocoscienza, quei gruppi di parola in flusso libero che del femminismo sono stati la fucina, lo spazio in cui ha preso forma la consapevolezza della differenza sessuale e il desiderio di non piegarla più a un universale “tutti” costruito e declinato al maschile. “Non è un desiderio di esclusione degli uomini, ma di un tipo di sguardo predatore, giudicante, sminuente... frutto della nostra società fondata sulla supremazia maschile, secondo la quale chi non è maschio è meno: meno autorevole, meno importante, meno interessante”, spiega la regista.
“Ci sono parole. Tante. Che coprono, che proteggono i corpi. E poi ci sono i corpi. Così come li guardiamo allo specchio quando ci svegliamo. Prima di camuffarli per camminare in mezzo agli altri”.
Gallerani crea fin da subito un rispecchiamento tra il pubblico che sciama verso le poltroncine del Teatro Studio Borgna, all’Auditorium Parco della Musica di Roma, in un tripudio di chiacchiere, e le attrici in mutande, reggiseno e vestagliette di satin lucido, tutto rigorosamente bianco, che parlano tra loro, gesticolano e ridono. Salvo poi fare delle incursioni tra il pubblico, ponendo domande, invitando a pescare un foglietto da un cesto o prendendo in prestito abiti, scarpe e cappello. Così i corpi nudi e quelli vestiti si trovano a distanza ravvicinata. Lo spettacolo può cominciare!
Tra balli scatenati e ironici, battute sarcastiche che smontano gli stereotipi sulle donne – che “chiacchierano troppo”, “non sono mai pronte”, “ci mettono un sacco a prepararsi” – il corpo viene analizzato, anzi “smontato”, impietosamente, così come “facciamo tutte le mattine davanti allo specchio”.
Eccole allora mostrare spavaldamente “Quello che non mi piace del mio corpo” – pance, orecchie, caviglie, ginocchia, profilo – per poi strigliare le torture a cui le donne si sottopongono per corrispondere ai modelli – anzi, alle modelle – irraggiungibili che riempiono le pagine delle riviste, e deridere poi “Le pose che assumiamo” nel tentativo di camuffare presunti difetti o, peggio, di mascherare e sminuire talenti e competenze femminili.
Si passa poi a “Le cose da cui mi sento invasa”, raccogliendo i foglietti che sono sparpagliati sul pavimento e leggendoli a raffica: “Mi sento invasa …dai capelli bianchi …da mio padre …dalla dipendenza dall’erba che non mi fa ricordare i sogni al mattino”.
Scopriremo dopo, quando saremo invitate a scrivere anche noi su un foglietto da cosa ci sentiamo invase – …da chi mi urla addosso ‘lega il tuo cane’, nel mio caso – che le frasi sono state raccolte con l’aiuto del pubblico, in un elenco che cambia sul palco ogni sera e che continua ad allungarsi.
Tocca poi a “I sensi di colpa”, e anche qui il pubblico è invitato a partecipare, non solo alzando la mano come “quando si gioca con le figurine: ce l’ho, mi manca”, ma anche proponendo altre ragioni per cui noi donne ci sentiamo in colpa: se usciamo da sole, cioè senza i figli e il marito, se lavoriamo, se ci arrabbiamo, se alziamo la voce, se siamo troppo… o troppo poco…
Strizzando l’occhio alla TV trash parte poi il “Talk show” che affronta “temi cruciali” su cui tutte prima o poi ci siamo confrontate quando si parla del corpo: depilarsi, si o no? la chirurgia estetica, si o no? fare figli, si o no? Ognuna difende il suo punto di vista, con un balletto di argomentazioni che fanno emergere il mercato capitalista che domina le nostre esistenze, in un crescendo di intensità mentre una spettatrice tiene il tempo con il cronometro del suo cellulare: 2 minuti, e si passa ad altro.
Nel capitolo intitolato “Mia madre fa sempre così” il rapporto madre-figlia è anch’esso esplorato sul filo dell’ironia, tra bisogno di riconoscimento e imposizioni insopportabili, tra imitazione grottesca e riproduzione di una realtà condivisa, come confermano gli schiamazzi e le gomitate tra il pubblico, “Proprio uguale alla mia!”, “Identica!”.
Tra apparire ed essere, tra apparire come si è e cercare di apparire come si vorrebbe essere, tra sguardo maschile interiorizzato e emersione del proprio punto di vista su di sé e sul mondo, lo show si conclude tra molte risate, qualche lacrima e un ballo liberatorio che richiama sul palco anche buona parte del pubblico, invitato poi a sedersi con la compagnia per una chiacchierata.
“Com’è stato essere solo tra donne?”, chiede Silvia Gallerani.
“Liberatorio”. “Curioso”. “Insolito”. “Come tanto tempo fa, quando questo succedeva in tutti i quartieri”, ricorda con una vena di nostalgia una donna i cui capelli bianchi confermano l’esperienza di un femminismo che è stato popolare, quello degli anni Settanta. Ma anche: “Io sono stata a disagio, perché era la prima volta, e ho sentito quanto è difficile essere così libere fuori da qui”.
“All’inizio si notavano i difetti dei corpi ma nel corso dello spettacolo siete diventate tutte più belle e alla fine eravate bellissime, perché ogni dettaglio del corpo contribuiva all’identità, alla personalità di ognuna di voi”, nota un’altra.
“È una scelta il fatto che nessuna di voi è come me?”, chiede una ragazza dal corpo voluminoso, cioè “che non ci sono corpi come il mio, grassi?”, specifica. Touchées, Silvia Gallerani e le attrici si scambiano sguardi e rispondono quasi in coro: “No, nessuna scelta, l’idea ci è venuta nel 2018, a partire dalle riflessioni che abbiamo cominciato a fare tra noi, e abbiamo cominciato a lavorarci come gruppo”.
Rassicurata, la ragazza si rivela essere una fan di Silvia Gallerani venuta dalla Puglia: “Ti seguo dai tempi de La merda, ora aspettiamo Svelarsi a Bari, speriamo non arrivi cinque anni dopo” dice, testimonianza di una frattura tra il Nord e il Sud dell’Italia che persiste e che anzi, stando alle ultime statistiche, sembra accentuarsi insieme allo spopolamento del Meridione.
Tante, tantissime le domande su come sono arrivate a stare a proprio agio nude, davanti a un pubblico, seppure composto di sole donne. Qui si rivela tutta la potenza di un teatro contemporaneo di ricerca, che mescola laboratorio e improvvisazione, in cui nella condivisione delle prove, mentre si impara a recitare senza nulla addosso, si cuce un’identità femminile finalmente libera. Svelata, appunto.
Prossime tappe
30 gennaio – 3 febbraio 2024, Roma, Centrale Preneste
8-11 febbraio 2024, Milano, Teatro Carcano
13 febbraio 2024, Torino, Teatro Astra
8 marzo 2024, Parma, Teatro Al Parco